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Arte, Vita e oltre…

Edizione Eupalino
Collage Cammei
2009
p.115
Stampa A. G. F. Italia

Confesso che a girovagare tra i testi di Stefania Carrozzini presenti in questa raccolta ho finito con il ritrovarmi, soprattutto negli anni trascorsi in compagnia dell’ indimenticabile Pierre Restany, tra le righe e le pieghe dell’arte che si raggomitola come una matassa cosmica per ancestrali teogonie. La vita che propone Stefania mai disgiunta dall’arte è una vita avventurosa, riccamente presente alla coscienza ove l’assurgere ad arte è solo un passaggio, quasi obbligato, tale da rendere la prima e la seconda gemelle siamesi: inseparabili. Ma le acute introspezioni che la Carrozzini compie in quasi tutti i suoi scritti, fulminanti e repentini, puntuali e destrutturanti, agiscono sullo stato dell’arte come una brezza mattutina, portano vento di novità, di voglia di fare, per il presente e per il futuro. Carichi di ottimismo producono nello spettatore uno scollamento tra ciò che la vita è e ciò a cui dovrebbe tendere. Sospesi come la tela di un ragno sui propri arbusti aggirano gli argomenti fino a ricavarne delle insolite letture frutto di una passionale esigenza in cui l’arte riproduce l’avventura della vita, fino a quando essa non vi si associa, evidenziandone le discrepanze o le anomalie. Così Stefania si aggira per il mondo, un mondo spesso ostile a cui lei vi partecipa con l’ironia ed il dubbio, con lo slancio e la ritrosia, con il verismo e l’utopia sempre alla ricerca di qualcosa che sfugge alle regole razionali per porsi nell’altrove parallelo della nostra coscienza, come se questa non attendesse altro che di essere ridestata. Ed i testi risvegliano ciò che di profondo sonnecchia o si assopisce nell’indifferenza. Sono segnali di allarme, fulmini repentini, vigilanza pura verso l’indifferenza con cui spesso affrontiamo l’arte. Un’arte che per l’autrice conserva intatto il suo senso civile di progresso umano, un’arte risollevata dalle stancanti strategie delle gallerie e delle aste, un’arte come amica e compagna di strada che senza perdere l’autorità che gli compete assurge a complemento esistenziale. Lo sappiamo non c’è arte senza vita e viceversa, ma riascoltare tale voce e tale verità con i toni decisi di una frequentatrice d’eccezione risulta efficace come una medicina. L’andirivieni entro le tematiche trattate nel testo, quasi un volume che non si vuole ultimare, un groviglio in cui si impigliano le osservazioni sul destino del corpo o le penetranti introspezioni nell’immaginifico, conferiscono all’opera un’ andatura sincopata che trova però una sua coerenza, non tanto dovuta all’attenzione verso una sola tematica, quanto dal fatto di porgere l’arte nelle sue molteplicità fattuali. Una sorta di cornucopia, d’abbondanza di temi, di spunti, di riflessioni. Ecco che la strategia adoperata sfugge alle maglie dell’accademismo, della maniera, del critichese per porsi come messaggio in una bottiglia frutto di un naufrago nella deriva contemporanea, un naufrago che tenta in tutti i modi di sottrarsi alla solitudine coercitiva dell’arte contemporanea esibita spesso come oggetto da palcoscenico, o prezzolata dal mercato, ma che acquista quella dimensione al contempo domestica e temporale, planetaria eppure privata, un’arte insomma che serve alla stessa autrice come sintomo alto di sopravvivenza nel mare magnum dell’indifferenza per un oltre sperato di cui Stefania ci offre, come nel tunnel dipinto da Bosch, uno spiraglio di luce.

Marcello Sèstito
Milano-Reggio Calabria
18 giugno 2009

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